Le mascherine sono state e sono tuttora uno strumento molto importante per combattere la pandemia e proteggerci dal coronavirus e le sue varianti. Soprattutto prima che fossero disponibili i vaccini, il loro impiego è stata una strategia di contrasto alla diffusione del virus fortemente raccomandata dalle istituzioni nazionali e internazionali e, ormai, è diventata un’abitudine per tutti noi quando andiamo a fare la spesa o ci rechiamo in luoghi affollati.
Per praticare sport all’aperto e in forma individuale è sempre stato sconsigliato l’impiego di mascherine, il cui scopo è quello di ridurre l’emanazione dei droplet (goccioline di saliva) durante la respirazione da parte delle persone asintomatiche o pre-sintomatiche, ma tuttora in certi paesi è obbligatorio quando non ci si può allenare mantenendo la distanza di sicurezza dalle altre persone in spazi chiusi e non ben arieggiati.
«L’impiego delle mascherine è diventato una pratica comune per milioni di persone nei momenti di contatto con altri individui. Di studi sulla loro efficacia se ne contano parecchi, ma fino a poco tempo fa non era mai stato preso in considerazione l’effetto del loro utilizzo sulla funzionalità cardiopolmonare durante l’esercizio fisico. Nel 2020 Sven Fikenzer e altri ricercatori tedeschi hanno verificato l’effetto dell’utilizzo delle mascherine chirurgiche e delle FFP2/N95 sulla capacità cardiopolmonare di persone sane adulte misurata nel corso di un test incrementale massimale al cicloergometro» spiega Ermanno Rampinini, Responsabile dello Human Performance Lab (HPL) del Centro Ricerche Mapei Sport di Olgiate Olona (Varese).
Da quanto pubblicato sulla rivista Clinical Research in Cardiology emerge che entrambe le mascherine utilizzate (FFP2 e chirurgiche) durante l’esercizio hanno influenzato negativamente la capacità ventilatoria massimale; la mascherina FFP2 ha portato anche ad una riduzione della prestazione massimale (riduzione del picco di potenza sviluppato) e del VO2max confermando un effetto negativo più marcato durante l’esercizio per questa tipologia di mascherina rispetto alla chirurgica. L’utilizzo delle mascherine durante l’esercizio è stato percepito come meno comodo rispetto alla condizione di controllo e la percezione di difficoltà respiratoria rappresenta il fattore principale per l’aumento del discomfort generale. Le mascherine FFP2 hanno indotto delle percezioni maggiormente negative rispetto alle equivalenti chirurgiche. L’utilizzo delle FFP2 ha portato ad una riduzione del VO2max del 13% e della ventilazione massimale del 23%. Le riduzioni di questi parametri confermano un impatto negativo sulla funzionalità cardiopolmonare durante l’esercizio e, di conseguenza, sulla performance e sui livelli di fatica.
«Tutti questi risultati sono particolarmente rilevanti per gli atleti o gli sportivi in genere. Infatti, quanto meno per le attività sportive di endurance, l’utilizzo di una mascherina con elevati livelli filtrativi può influenzare negativamente la capacità di sostenere esercizio fisico. Risultati simili, anche se di entità più contenuta, sono stati riportati per gli studi che si sono occupati di verificare l’effetto dell’utilizzo del paradenti sulla capacità prestativa nel corso di diverse tipologie di esercizio fisico – prosegue Rampinini. – Al fine di aumentare la possibilità di svolgere sport limitando la diffusione dei virus come il SARS-CoV2, studi futuri dovranno essere condotti per confermare i risultati preliminari della presente ricerca o per individuare delle strategie alternative che possano limitare l’espulsione dei droplet ma al tempo stesso influenzare in minor misura le funzioni cardiopolmonari durante l’esercizio».